All'avvio della Serie A come noi la conosciamo, con la formula del girone unico, le squadre allenate da tecnici stranieri sono 14 su 18. A farla da padroni gli ungheresi: Weisz all'Ambrosiana, Schoffer al Brescia, Ludwig alla Cremonese, Molnar alla Lazio, Rady al Livorno, Ging al Modena, Bekey alla Pro Patria, infine, Nagy alla Pro Vercelli.
Non solo.
Quel primo scudetto termina proprio nelle mani di uno di questi coach, Weisz.
Nessuno stupore. Soprattutto, considerando che dal 1923 al 1930 tutte le squadre vincitrici del massimo torneo italiano risultano a guida straniera. D'altronde il calcio in Italia è arrivato per barca. Le prime partite opera dei marinai inglesi e per palcoscenico, soprattutto, il porto di Genova.
 

Constatando l'importanza che il nuovo sport sta assumendo per le masse, il governo del football comprende la necessita di professionalizzare la figura dell'allenatore. È fra la fine degli anni Venti e l'inizio dei Trenta che per "rispondere alla domanda di ex calciatori che avevano tutti i requisiti per svolgere una professione redditizia ed eliminare la dipendenza dai tecnici stranieri" fu pensato di creare anche in Italia (ne esistevano già in Austria e Ungheria) una scuola per allenatori.
Il calendario segna la data del primo marzo 1933 quando, allo Stadio Nazionale di Roma, si svolge il primo corso per allenatori. Riservato a un numero di 15 allievi, della durata di 6 mesi (intervallati dalle vacanze pasquali), ha regole simili alla leva militare (sveglia alle 7 e coprifuoco alle 22). Soprattutto, leggendo oggi alcune delle materie trattate, fa scappare qualche sorriso. Perché oltre alle classiche "tecnica calcistica" e "allenamento invernale", c'è spazio anche per "costruzione e manutenzione dei campi sportivi" o "elementi di diritto e di economia".
È il primo passo, che riscuote interesse anche oltre i confini nazionali.
 

Mezzo secolo più tardi, esattamente il 6 novembre 1958, la Figc celebra i sessanta anni d'attività con l'inaugurazione di un nuovo Centro Tecnico Federale alle porte di Firenze. Per tutti Coverciano, diventata, con la rivoluzione imposta da Italo Allodi, l'Università del Calcio.
 

"L'allenatore di calcio in Italia" di Massimo Cervelli è un volume che in oltre 300 pagine, minuziosamente corredate da indicazioni bibliografiche e citazioni provenienti dalla carta stampata e documenti ufficiali, ripercorre l'evoluzione di questa particolare figura. Una professione, scopriamo, fortemente legata al contesto sociale e cultura in cui si sviluppa e afferma.
Non mancano poi curiosità per lo più sconosciute alle nuove generazioni.
Per esempio, il programma didattico sul gioco del calcio targato Rai e trasmesso sul Primo canale dal novembre 1962. Otto lezioni introdotte da nomi illustri come Boniperti, Piola, Ferrari e incentrate sui fondamentali come il colpo di testa, lo stop, il calcio, il portiere?

PS: in occasione di Euro 2024, saranno ben 5 i tecnici italiani (anche se la carriera di Tedesco s'è sviluppata interamente all'estero) impegnati nella competizione per nazionali più importante del Vecchio Continente.

L'autore
Massimo Cervelli vive a Firenze, dove è nato nel 1955 e si è laureato in Lettere Moderne, presso l'Università degli Studi di Firenze.
Cultore della storia del football e della sua divulgazione in spazi pubblici, è membro della Società Italiana di Storia dello Sport e vicepresidente del Museo Fiorentina, di cui coordina la commissione storia. È autore di diverse pubblicazioni, tra cui "Profondo viola" (Odradek, 2002) e "La Toscana nella costruzione dello Stato nazionale", insieme a Claudia De Venuto (Olschki, 2013).

L'allenatore di calcio in Italia
Storia socioculturale di una professione
di Massimo Cervelli
Prefazione di Paolo Piani
ISBN: 978-88-3383-382-8
354 pagine
Biblion Edizioni

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